Divagazioni sul “Buon Pane di una volta”
Pagina dei Socidi Giorgio Bergamini
Note di un appassionato in margine al Convegno Nazionale del CNR su:
”Qualità del Suolo, Alimenti e Salute“- Bari – 22/24 Ottobre – presso Villa Romanazzi.
Il padre fondatore della rivoluzione in atto nel campo della Scienza della Nutrizione, il M.D. Walter C. Willett, direttore del prestigioso Dipartimento della Nutrizione di Harvard, dopo approfondite ricerche, svolte con dovizia di mezzi, avendo l’incarico di aggiornare le linee guida per la nutrizione della popolazione statunitense, arriva alla conclusione che la nostra specie è geneticamente indifesa dai danni provocati dall’assunzione di cibi che contengono molti “carboidrati raffinati” (che lui chiama “cattivi”, come ad es. farine tipo “1”, “0”, “00”, zuccheri, dolcificanti derivati dal Mais, le patate e ahimè, l’amata pizza), perché il nostro organismo, metabolizzandoli assai rapidamente, non ne riconosce l’eccesso, non sente la sazietà, ma anzi spesso ne diventa dipendente in modo patologico, come succede per l’eroina, condizionato da una terribile e falsa fame compulsiva, le cui tristi conseguenze sono le tante patologie rientranti nella Sindrome polimetabolica (obesità, diabete, patologie cardiovascolari etc.). D’altra parte Willett, esaminando gli scheletri del Paleolitico, crede che questi cacciatori- raccoglitori stessero meglio di noi per quanto riguarda lo stato di salute ricostruibile dallo scheletro, mentre, sempre esaminando gli scheletri, nota un peggioramento che sorprendentemente si accompagna al miglioramento delle tecniche di raffinazione, le macine, fino all’orrore, dice lui, dei moderni molini a cilindri, capaci di separare dalla farina tutte le cosiddette “impurità”, che sono invece preziosi microelementi, fibre e nutrienti, compreso il Germe, ricchissimo della importante Vitamina “E”.
Come conclusione Willett consiglia come ideale una dieta che abbia come base cibi confezionati con cereali interi o macinati in modo grossolano, come all’inizio del Neolitico, in modo da ottenere il minimo “Carico Glicemico”, carboidrati “buoni” così, da assumere in quantità pari al 55% del fabbisogno calorico, associati però ad un’adeguata attività fisica.
Naturalmente queste raccomandazioni non sono facili da applicare, specialmente negli Stati Uniti, condizionati dallo strapotere di molte multinazionali del settore dei cibi e da cattive abitudini consolidate, fenomeno oramai presente per molti aspetti anche da noi, in Italia.
Ma è proprio per queste difficoltà d’interpretazione che, partendo dai principi enunciati, noi abbiamo cercato di fare dei Pani con caratteristiche ottimali dal punto di vista nutrizionale. Sarebbe un piccolo contributo al superamento dell’ostracismo che circola, non solo negli States, ma anche da parte di esperti italiani sulle ipotesi di Willett, che demoliscono brutalmente tante certezze e patrimoni della gastronomia, declassati a livello di veleni, come buona parte dell’arte della panificazione sia Italiana che Statunitense.
Willett è anche ritenuto colpevole di lesa maestà, la Dieta Mediterranea, quando demonizza il Pane e la Pasta, che erano alla base della piramide alimentare, ideata però non da un Italiano, ma dal Dr. Keys, un americano, che aveva preso come riferimento, negli anni 50, la dieta di Creta, quando lì il Pane era scuro e non bianco come poi in Italia e negli States.
Questi Pani sono stati così preparati rispettando e usando semplicemente pratiche, metodi e Cereali Antichi e cioè con farine macinate molto grossolanamente con un mulino a pietra.
In questo caso abbiamo utilizzato l’antico grano duro Senatore Cappelli, prodotto da agricoltura biodinamica dall’azienda Cefalicchio di Canosa, non ibridizzato con radiazioni ionizzanti, che, come tanti altri semi nel dopoguerra, se ne hanno aumentato le rese, a scapito della qualità e quantità del glutine e di altri nutrienti, si comincia a sospettare che ne abbiano anche danneggiato il gene, fino a renderli corresponsabili dell’origine di molte allergie: è il caso del Creso, che copre oggi il 53% della produzione italiana di grano duro, ricavato proprio dal Senatore Cappelli negli anni 70, e che è sospetto di essere uno dei fattori concomitanti della crescente diffusione della Celiachia.
Per la lievitazione, prolungata a 8 ore, abbiamo usato la tradizionale Pasta Madre Acida, mettendo i Pani in cocci di terracotta, l’ideale sia per la lievitazione sia per la cottura, che qualitativamente risulta così equivalente al forno a legna, anche usando un forno elettrico.
Infatti questi contenitori sono ancora in uso in Germania dove sono chiamati Cocci Romani.
Niente “aiutini “ con il Lievito di Birra, altra fonte di guai, che andrebbe evitato, soprattutto nella produzione del Pane Integrale, poiché è uno dei responsabili del crescente aumento di patologie renali, a causa delle basi puriniche e pirimidiniche nel suo nucleo, non digeribili per noi, oltre che dell’osteoporosi (a causa della Fitina); la totale superiorità della Lievitazione Naturale è evidenziata, fra l’altro, dalla capacità di far durare il Pane anche fino a 6 mesi, come si faceva in passato in alcune valli, sia in Italia che in Francia.
Anche oggi la durata di 6 mesi è riportate sulle confezioni sia dei Panettoni che di Pani integrali Tedeschi, grazie al Lievito Naturale, che non richiede l’aggiunta di conservanti.
Purtroppo la Lievitazione Naturale è quasi scomparsa in Italia, con perdite di sapori, salubrità e digeribilità, a parte le frodi che periodicamente vengono perpetrate sul tema.
Un altro fattore importante è il formato, che deve essere almeno di 1-2 Kg, con un volume che permetta di non superare, all’interno del nucleo centrale del pane, chiamato tecnicamente “Pulcino”, temperature sopra i 65-70 Gradi, che consentono così la sopravvivenza di famiglie di spore di fermenti lattici, che nelle successive 48 ore ripopolano l’intera pagnotta, migliorandone il sapore, la digeribilità, la durata e anche l’odore; dopo 48 ore il Pane di Lievito di Birra ha invece perso ogni fragranza e infatti in Italia ne buttiamo migliaia di Kg al giorno, mentre il Pane integrale a Lievitazione Naturale non si degrada.
Il Pane fatto con il Lievito Madre in piccoli formati non è buono e conviene, come si faceva un tempo, il taglio da pezzature più grandi e, soprattutto, il buon Pane va mangiato 24-48 ore dopo la cottura: appena cotto può dare dei fastidi e non è neanche gradevole.
Giuseppe Concordia, del Panificio Adriatico di Bari, che fa anche la pizza integrale, ha realizzato con grande pazienza e competenza questi Pani, rispettando tutte le attenzioni citate e dimostrando così anche che si può ottenere una buona lievitazione, senza ricorrere agli “Aiutini” del Lievito di Birra, come ritengono erroneamente quasi tutti i fornai.
Tra i pani presentati uno è la ricostruzione del Pan Bruno, detto anche “Ordinario”, riservato nella Firenze dei Medici al popolo, mentre ai nobili ed ai signori era riservato il Pan Ducale, di fior di farina, di forma differente e da tenere ben distinto dal Pane Ordinario, poiché si riteneva allora che le due classi avessero fisiologia e necessità nutrizionali diverse.
Oggi peraltro le parti si invertono, poiché un buon Pane Integrale, fatto come descritto sopra, costa di più del Pane bianco corrente, ma è un alimento molto più completo e quindi in parte sostitutivo di tanti altri alimenti più costosi.
A scopo dimostrativo di Pani di altri Paesi, in altri tempi, è stato preparato anche un campione di Pane Libanese, contenente Carrube, Curcuma e Zenzero, un miracolo di proprietà terapeutiche associate a questi componenti, ed un campione di Pane Giordano, aromatizzato con il pepe rosa raccolto a Petra, mentre un ultimo campione è ispirato al Pane di quegli Esseni che, fino al 70 D.C., quando la comunità fu massacrata dalle truppe Romane, vivevano nel sito di Quomran nel deserto, vicino al Mar Morto, dove sopravvivevano in buona salute anche con una dieta poverissima, a base di un Pane speciale, fatto di cereali germogliati, cotto allora sotto la sabbia, accorgimento che permetteva, oltre che di risparmiare la legna, anche di salvare, grazie alla limitata temperatura di cottura, le vitamine contenute nei germogli, preziose per sopperire alla mancanza di frutta e verdure.
3 Commenti to “Divagazioni sul “Buon Pane di una volta””
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26 Marzo 2009 at 10:01
Bello ed interessante questo articolo sul pane. Vorrei il vostro permesso per riportarlo sul mio sito http://www.salsamentarius.it facendo sia riferimento all’autore che al vostro blog.
Grazie
27 Giugno 2009 at 09:39
Il vecchio detto “studia che impari” é sempre vero, leggendo l’articolo mi rendo conto come la tecnologia ci abbia fatto perdere il piacere delle cose naturali.
31 Luglio 2009 at 12:04
Ho avuto l’onore e la fortuna di assaggiare i pani “antichi” di Giorgio Bergamini. E’ un’esperienza gastronomica unica. Straordinaria. Bravissimo Giorgio