Week end di silenzio, diario di viaggio – Napoli 7/8 febbraio 2015
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Week end di silenzio
NAPOLI 7 – 8 Febbraio 2015
a cura di Angela Mengano
Partiamo in 37 più Piero (l’autista di Petruzzelli); ci raggiungeranno a Napoli Laura Carenza e sua figlia Marta.
Superate le ansie da maltempo incombente (e preannunzio di fenomeni nevosi sul tratto appenninico) imbocchiamo l’Autostrada per Napoli. Durante il percorso Lucia ci comunica che l’idea dell’itinerario di viaggio è nata in lei dalla lettura di un articolo di Beppe Sebaste pubblicato dall’Unità nel 2009 (“La parola è silenzio”), e dal desiderio di coltivare il progetto sul silenzio, presente da qualche anno nei temi dell’Adirt e iniziato – vorrei ricordare – con il viaggio d’Autunno del 2011 tra Anghiari e Pieve Santo Stefano.Prima di raggiungere l’Eremo dei Camaldoli, luogo prescelto per il pernottamento, ospiti della comunità delle Suore di Santa Brigida, facciamo una sosta a Cimitile, per visitare l’area monumentale delle basiliche paleocristiane. E’ qui ad attenderci la giovane guida locale che ci accompagnerà nel sito, Elisabetta Vitale. Entrando nell’abitato ci colpisce il contrasto tra il degrado di rifiuti ed edifici in stato di abbandono e la vegetazione, quella dei territori vulcanici, straripante di alberi di limoni e di arance e di ogni grazia di Dio.
Dal pullman raggiungiamo a piedi l’area monumentale delle basiliche paleocristiane, in cui sono concentrati sette edifici dedicati ai santi Felice, Calionio, Stefano, Tommaso e Giovanni, Martiri e Madonna degli Angeli, i più antichi dei quali risalenti al IV secolo d.C. Spiccano tra questi, per la straordinaria bellezza dei decori (mosaici e affreschi) la basilica di san Felice e quella dei SS. Martiri. Nella prima, l’ampia aula centrale cinta da colonne ornate da mosaici blu e oro ospita la tomba di san Felice e dà accesso al contiguo piccolo museo che raccoglie reperti di notevole valore. Nella seconda basilica che visitiamo, quella dei Santi Martiri, si trova – nel luogo dov’era originariamente – la copia dell’affresco raffigurante Adamo ed Eva che abbiamo appena finito di ammirare – in originale – nel museo. Anche in questa seconda basilica vi sono molti bellissimi affreschi; interessante, tra gli altri, una Maddalena coronata (con strano copricapo) che pare abbia suscitato interessanti disquisizioni teologiche.
Segue alla visita un piccolo break che ci permette di rifocillarci prima di proseguire per Napoli.
Al nostro arrivo nella città partenopea, acqua e grandine. Non è stata facilissima l’arrampicata su per i tornanti della collina dei Camaldoli con il pullman da 50 posti; ma alla fine, grazie alla perizia di Piero, il nostro autista, arriviamo tranquilli a destinazione, si calma perfino come per miracolo il violento scroscio appena raggiunto l’eremo dei Camaldoli, dove ci accolgono le suore brigidine. Ci sistemiamo nelle camere (parte nel corpo centrale, parte nelle casette disseminate nell’area conventuale). Poi ci raggiunge la nostra guida, Maria Elena Maffei, storica dell’arte, per accompagnarci nella visita di questo angolo di paradiso. Il complesso fu fondato da Giovanni D’Avalos, figlio di Alfonso d’Aragona, nel 1585, sintesi armoniosa di arte e natura, creata dai monaci camaldolesi, che ne fecero un centro di cultura ma anche di accoglienza e soccorso a una popolazione provata dall’indigenza…
Ho trovato tra i miei libri una raccolta di lettere scritte nella seconda metà del ‘700 da un viaggiatore e orientalista svedese, Jacob Jonas Björnståhl (Napoli, ”La sirena vipera”, Alfredo Guida editore) che tra le biblioteche napoletane cita quella dei Certosini “impareggiabile per la sua bella posizione e per la magnifica veduta che si gode dall’alto”, e degna di nota “…per una bella raccolta di manoscritti greci. …la ricchezza e bellezza di questo monastero sono indescrivibili. I redditi di cui gode sono molto cospicui e l’uso che se ne fa è assai lodevole. A tutti i poveri che riescono a giungere sino al convento si offre pane e vino… si mandano anche soldi per i poveri che si vergognano di chiedere l’elemosina… tutti i viaggiatori che vengono per visitare il convento, da trenta a cinquanta persone ogni giorno, si trattengono per il pranzo… si mangia molto bene… vi sono pesci, uova, dolci, latte, abbondanza di buoni vini, pane fresco, caffè cioccolata frutti confetture, e tutto viene offerto con molta grazia…”. E’ probabile che l’autore si riferisca alla Certosa di S. Martino, ma mi piace pensare – mi sia consentita la licenza poetica –che il riferimento del passo possa essere esteso alle deliziose suorine di Santa Brigida, che oggi – raccolto il testimone dai buoni monaci – offrono accoglienza tutto l’anno a gruppi di ogni età, nazionalità e confessione mantenendo alta la tradizione di buona ospitalità introdotta dai predecessori.
La passeggiata nell’Eremo svela la bellezza discreta degli orti e dei cortili fioriti; la pioggia caduta abbondantemente ha liberato i profumi delle svariate essenze che qui si coltivano; ci spingiamo sino al belvedere, dove il nostro sguardo abbraccia il magnifico ineguagliato panorama che va dal Vesuvio sino ai crateri spenti dei Campi Flegrei. Si scorgono Capri, Ischia, Nisida, e proprio ai nostri piedi il quartiere Fuorigrotta con l’enorme forma ellittica dello Stadio San Paolo.
La chiesa barocca ha dipinti e affreschi di importanti pittori (XVII sec.): Luca Giordano, Massimo Stanzione, Andrea Mozzilli, Antiveduto Grammatica (due santi camaldolesi) etc.; un altare di Cosimo Fanzago.
Il clou della cena è una ricca pasta al forno, proprio come se fossimo in famiglia: le buone suore hanno fatto del loro meglio per essere all’altezza della meritata fama di ottime cuoche. Poi con una bella conversazione concludiamo la serata.
Domenica 8 febbraio
Lasciamo l’oasi di pace dei Camaldoli destinazione Capodimonte, dove è alle ultime battute la mostra “Vincenzo Gemito dal salotto Minozzi al Museo di Capodimonte”.
E’ stata una vera fortuna per noi avere come guida Maria Elena Maffei, che è con noi da ieri; scopriamo che ha lavorato per anni su Gemito, collaborando anche alla stesura del catalogo; ma era già a tutti evidente la sua notevole profonda preparazione sulla materia. In mostra un notevole numero di opere provenienti dalla collezione formata da Achille Minozzi, amico e protettore di Gemito, che di recente è stata acquisita dal Ministero dei Beni culturali per il museo di Capodimonte; soprattutto ritratti, di personaggi come Giuseppe Verdi, ma anche dei soggetti più amati dall’artista, come la zingara, il pescatore, l’acquaiolo.
Infine disegni, e tra questi gli abbozzi del Trionfo da tavola che il re Umberto I di Savoia gli commissionò proprio per Capodimonte, e che alla fine della mostra abbiamo ritrovato esposto nella sezione dell’Ottocento, da poco aperta nel museo.
Il nostro weekend napoletano volge al termine, con la sosta pranzo nel luogo consigliato dalla mia cuginetta napoletana, che ho rivisto con grande piacere, insieme a suo marito. Siamo di nuovo nei pressi di Nola-Cimitile, e precisamente alla Certosa di San Giacomo nei pressi di Lauro di Nola. In antico abbazia benedettina, poi centro di produzione agricola e vitivinicola, è oggi dimora di grande fascino, circondata da un bel parco.
L’ambiente interno è molto elegante, il pranzo che ci è stato servito molto gradevole e anche raffinato. Non è mancata una breve visita guidata agli ambienti esterni e alla cappella; non è mancato un pianoforte, per intonare qualche frammento di melodie della vecchia Napoli. Così, con la musica, si è concluso quello che si presentava alla partenza come weekend di silenzio…
1 commento to “Week end di silenzio, diario di viaggio – Napoli 7/8 febbraio 2015”
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29 Marzo 2015 at 18:13
Grazie Angela per il bel testo e le belle foto. Di silenzio ce n’è stato obiettivamente poco, ma questo non disturbava, anzi!
Un abbraccio, Maristella