Ogni mattina a Jenin, di Susan Abulhawa
Commenti e riflessioni23 Gennaio 2024
Susan Abulhawa, “Ogni mattina a Jenin“, traduzione di Rota Sperti, Feltrinelli, 2013
proposto da Adriana Pepe
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Breve nota a cura di Patrizia Ripa, dopo l’incontro del gruppo di lettura
Da un’analisi fatta insieme sono emerse riflessioni interessanti e condivise da tutte. Il libro è stato apprezzato all’unanimità ed ha rappresentato un motivo di studio e di approfondimento della questione israelo-palestinese, soprattutto alla luce di quanto stiamo vivendo in questo drammatico momento storico. Adriana Pepe ha introdotto il testo e ha sottolineato che si tratta di una interessante testimonianza in cui l’Autrice riesce mirabilmente a fondere elementi della sua vita personale con quelli della storia della Palestina, descrivendo in modo struggente questo popolo martoriato e privato di tutti i suoi diritti, delle sue terre, della propria identità. Ne è seguita una riflessione su quanto sta accadendo con la guerra attuale in cui il popolo ebraico da vittima è passato ad essere carnefice e si è fatto riferimento alle radici storiche di questa lotta che sembra senza fine.
Sono stati evidenziati i molti temi affrontati nel romanzo: il tentativo di riconciliare questi due mondi troppo lontani, i rapporti familiari – tra padre/ figlio e madre/ figlio- e tra i fratelli, Yussef e Isma’il/David, poi il tema dell’abbandono, del lutto, del matrimonio, del bisogno di condividere la storia con la propria figlia.
Attraverso la voce di Amal sono narrate le drammatiche vicende dei vari personaggi della sua famiglia che vivono l’abbandono della casa per fuggire come profughi a Jenin. E’ stata inoltre sottolineata l’importanza delle figure femminili, dalla madre Dalia, alla figlia Amal e la nipote Sara e poi Fatima e Jolanta. Tutte rivestono un ruolo significativo.
Molte sono state concordi nell’affermare che sarebbe stato opportuno terminare il libro con la morte di Amal, escludendo l’ultimo capitolo, lasciando un po’ più di spazio all’immaginazione del lettore. Infine forse il più grande apprezzamento condiviso da tutte è stato il fatto che l’Autrice, pur essendo di parte, cerca di superare il dualismo ebreo–palestinese. Pur trasmettendoci tutta la sua rabbia e il dolore per il suo popolo e per la sua famiglia, non si esprime mai in termini di odio e non cerca i colpevoli tra gli israeliani, ma tenta di sviluppare e far comprendere al lettore anche le loro motivazioni.
Libri a cui si è fatto riferimento: Amos Oz, Storia di amore e di tenebra, Feltrinelli, 2015; Marco Travaglio, Israele e i palestinesi in poche parole, PaperFIRST by il fatto quotidiano, 2023; Azar Afisi, Leggere Lolita a Teheran, Adelphi,2004; S. Yizer, La rabbia del vento, Einaudi; Benny Morris, Vittime, Rizzoli, 2001; Yasmina Kahdra, L’Attentato, Sellerio e l’articolo tratto da Repubblica del 23 gennaio 2024, Diario da Gaza, la testimonianza.
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