28 marzo 2023
Stefano Massini “Qualcosa su i Lehman”, Mondadori, 2018
proposto da Tonia Lamanna
di Tonia Lamanna
Che “Qualcosa su i Lehman” sia un’opera sorprendentemente originale, fuori dagli schemi letterari, si coglie fin dal frontespizio: “romanzo/ballata” è la presentazione … e già questo intriga! La dedica “alla memoria di Luca Ronconi”, uomo di teatro, ne è poi un altro qualificante indizio. Leggere la successiva epigrafe dai toni aulici e declamati incuriosisce ulteriormente, ma quando continuiamo a sfogliare le 803 pagine del voluminoso tomo, restiamo letteralmente stupiti nello scoprire, con il tipico allineamento grafico tutto a bandiera sinistra, una scrittura completamente concepita in “versi” raccolti in “strofe” (dal metro, ritmo e schema liberissimi), distribuite in “capitoli” (dai molteplici titoli poliglotti ebraici, yiddish, inglesi, italiani che il prezioso glossario annesso ci aiuta a decifrare), riuniti nei tre “Libri”, (precisamente venti capitoli nel primo), I TRE FRATELLI, (ventisette nel secondo), PADRI E FIGLI, (ventisette nel terzo) L’IMMORTALE, a mo’ di poema epico classico, con tanto di epiteti e formule verbali ripetute a scopo mnemotecnico tipici dell’epos di aedi e rapsodi antichi.
Con cautela ci accostiamo allora all’impresa di una lettura apparentemente impegnativa, ma bastano i primi righi per essere immediatamente risucchiati dal magnetismo visivo dell’impaginazione verticale della parola stampata e contemporaneamente uditivo dello stile orale e scenico del linguaggio utilizzato: semplice e ricercato allo stesso tempo, fluido, vivido e dinamico, ora più veloce asciutto e descrittivo, ora più lento ridondante e suggestivo, in un corto-circuito tra poesia, teatro e letteratura, classico e modernissimo insieme. Ad aumentare la qualità multimediale del materiale linguistico usato, vera cifra post-moderna di quest’opera monumentale, emerge poi man mano il pluralismo dei molteplici codici comunicativi e sistemi simbolico-culturali presenti nel romanzo: religioso, storico, politico, matematico, informatico, della grafic novel, pubblicitario, sportivo, musicale, tipografico e, uber alles, senza scadere nel tecnicismo, quelli dell’economia e della finanza. Un lavoro “compositivo” amplissimo, dispiegato ingegnosamente dall’autore Stefano Massini tra il 2009 e il 2016 (anno di pubblicazione) per tessere un romanzo storico contemporaneo ispirato alla saga familiare ed ascesa sociale dei Lehman iniziata nella metà dell’800 dal capostipite Heyum Lehmann, ebreo tedesco immigrato giunto nel 1847 a New York per restarvi ”giusto qualche anno, quanto basta per farsi ricco e poi tornare” e tener fede al suo impegno di sposare Bertha Singer – la smunta ma ricca fidanzata del suo paese. Rispettoso inizialmente delle rigorose disposizioni patriarcali dell’anziano e coriaceo genitore, mercante di bestiame bavarese che lo attende nel suo villaggio natale di Rimpar, in Germania, ne prenderà progressivamente le distanze.
Ma “il carillon chiamato America”, in cui con decisione e intraprendenza s’introduce per primo, cambia in Henry Lehman non solo il nome del giovane fondatore della dinastia – poi designato “la Testa” – ma l’intero destino suo, dei due fratelli Emanuel (“il Braccio”) e Mayer (“la Patata”) che lo raggiungono dopo qualche anno, e della loro nutrita progenie di figli e nipoti tra cui gli ambiziosi, freddi calcolatori e rampanti Philip, Arthur, Harold e Allan, e altri (Sigmund, Peter, Robert/Bobbie) profondamente e tragicamente tormentati, invece, dalla sofferta investitura ai ruoli dirigenziali nell’impero economico-finanziario imposta loro, più o meno implicitamente, dalla famiglia. Impero cresciuto intanto a dismisura nell’arco di 120 anni di sfrenato sviluppo: Bobbie sarà l’ultimo rappresentante della famiglia Lehman a guidare la Società Lehman Brothers Holdings Inc., morirà nel 1969. Lo sregolato sviluppo sarà stato tanto più vincente quanto più ispirato ai valori cinici del comando, della concorrenza spietata, del più feroce e astuto individualismo (anche all’insegna della menzogna e dell’inganno), e dell’illimitato e onnivoro trasformismo imprenditoriale.
Il cambiamento trans-culturale, oltre che di status, che tale trapianto dei Lehman nel nuovo continente genera, è anche segnato dal passaggio da una religiosità ebraica tradizionale e conservatrice -incarnata ancora nella staticità dei valori etici del padre – ad un ebraismo riformato di cui l’abolizione della divisione tra uomini e donne nel Tempio (non più Sinagoga) e l’istituzione delle “panche di famiglia”,tanto simbolicamente citate a partire dal Capitolo quinto del Libro Secondo: Familie-Lehmann, ne sarà esempio emblematico. Dell’antica ritualità permane in particolare la celebrazione ricorrente e comunitaria del lutto, i sette giorni della Shivà, gli unici momenti di pausa pensosa sull’esperienza umana del “limite”, della “fine” che i rappresentanti maschi “selezionati” della famiglia si concedono nella girandola adrenalinica dell’affermazione affaristica di sé e dell’”Impresa”. Nell’ultima e definitiva scena finale dell’Epilogo i 14 Lehman protagonisti, raccolti in un surreale Consiglio d’Amministrazione conclusivo e tombale, prendono atto della caduta e fallimento del loro impero e ne recitano il funereo Qaddish.
“E’ il Capitalismo bellezza !” verrebbe da dire, parafrasando una celebre frase cinematografica, ma non vi è mai, da parte dell’Autore, un giudizio morale o ideologico sui protagonisti, fermo restando il timbro satirico che sottotraccia colora costantemente la narrazione (per mantenere la metafora musicale di questo commento), eco piuttosto del tipico umorismo corrosivo che pervade, per tradizione, la cultura yiddish assorbita dall’autore durante la frequentazione acuta e intelligente di amici ebrei e delle loro famiglie, nell’età della formazione fiorentina. Il suo richiamo continuo a personaggi e vicende bibliche è il bordone che sostiene e accende l’immaginario onirico e simbolico sia dei protagonisti che del lettore. Le “gesta” delle tre generazioni di Lehman impegnano i rispettivi tre Libri costitutivi del romanzo/ballata e s’intrecciano sempre più strettamente con le vicende storiche e socio-politiche delle città e i territori abitati dai tre fratelli i quali manifestano subito un notevole talento per gli affari e una precoce capacità di penetrazione del continente (e ben oltre!) quasi profetizzata o piuttosto ispirata dal rabbino Kassowitz in un memorabile iniziale incontro oracolare col primogenito. Dalla fredda New York al sole caldo di Montgomery in Alabama, Henry “si fa” (self made man, secondo la logica del liberismo americano più pionieristico) piccolo venditore di tessuti e abiti: il negozio è suo, comprato con debiti e cambiali, gestito con senso del sacrificio e tenacia, e ben presto inizia a farsi pagare dai clienti coltivatori di cotone nelle piantagioni degli Stati del Sud con la preziosa materia prima, che commercializzerà a buon prezzo negli Stati del Nord. Il motto diventerà : “Comprare e rivendere. /Comprare e rivendere. /Comprare e rivendere”
E’ l’inizio della fortuna della Società “Lehman Brothers” costituita dai tre fratelli nel 1850 che, nonostante la morte prematura di Henry, ben presto si fanno “mediatori” commerciali tra i produttori non più solo di cotone ma anche di zucchero e poi di caffè e ancora di tabacco, una escalation che porterà il fratello Emanuel ad aprire una nuova sede nella più dinamica New York “dove il cotone diventa banconote” ovvero dove inizia il processo di smaterializzazione della ricchezza famigliare con il passaggio dalla concretezza della merce e della fatica del lavoro necessario a produrla all’astrattezza del suo valore di scambio, ovvero il denaro che investito per se stesso servirà a produrre altro denaro: la Società diventa una Banca prima commerciale e poi d’Investimenti con un ruolo già attivo nella ricostruzione degli Stati della Confederazione sudista dopo la vittoria del Nord nella Guerra di Successione del 1865. L’esito della Guerra muta la prospettiva catastrofica di un disastro economico per i Lehman in un’ulteriore occasione di profitti.
Il Secondo Libro PADRI E FIGLI “canta” l’apoteosi di una incredibile accelerazione dell’espansione economica della famiglia Lehman ed anche sociale, grazie ad un’oculata strategia di matrimoni: il quartier generale della Società è spostato tutto nella sede di Liberty Street a Manhattan nel cuore di New York. Qui la transizione alla cultura urbana e borghese nord-americana dei figli di Emanuel è completata e l’integrazione si perfeziona, oltre che con lo studio multiplo delle lingue, perfino con lo studio del violino, strumento più “leggiadro, agile e moderno… esalta la silhouette, si suona in piedi……” – Philip figlio di Emanuel a sei anni lo suona perfettamente – ”non ingombra mastodontico come i pianoforti nelle verande del Sud” suonati invece dalle cugine figlie di Mayer a Montgomery in Alabama, tipici di quella cultura meridionale più salottiera, più lenta, più assonnata e zuccherosa, tutta… “Kish Kish” … tutta da superare al più presto.
A New York “tutti impazziscono a fare fare fare /costruire costruire costruire/inventare inventare inventare”, è la città dove “tutto quanto è in movimento/tutto quanto è azione/ tutto quanto è energia” ed allora i capitali della Banca Lehman nelle ultime decadi dell’800 andranno all’estrazione del carbone, del petrolio, all’industria del ferro, della mobilità ferroviaria, al cui “progresso” la Società partecipa entrando nel mercato sempre più smaterializzato delle “obbligazioni”. I profitti bancari si moltiplicheranno esponenzialmente grazie agl’investimenti degli “azionisti” che, affidandosi fiduciosi alla consulenza finanziaria dei Lehman, si orientano verso l’industria automobilistica, elettrica, trasporti nautici, costruzione di ponti, strade e canali giganteschi (come quello di Panama) e tutto quanto è quotato in Borsa. Anche il paffuto Sigmund ha imparato la lezione delle 120 regole del perfetto e duro uomo d’affari in stile Lehman che i cugini gli hanno impartito: “ha perso l’aria da tenero coniglietto” e si è allineato applicandosi spregiudicatamente al commercio di frutta esotica con i Paesi dell’America Centrale entrati intanto nella sfera d’influenza statunitense. Ma è Philip il golden boy della scalata, freddo e metodico anche nella vita privata, dal fiuto ineguagliabile, è capace di scaltre alleanze vincenti con le altre grandi famiglie ebree della finanza newyorkese o di uso furbesco della stampa contro le stesse associate pur di battere tutti i primati del sistema finanziario nazionale. Non arretra neanche nel sostenere economicamente l’impegno militare statunitense per aiutare il Presidente Wilson a schierare gli USA a fianco della Gran Bretagna nella Prima Guerra mondiale. Anzi lo promuove nella prospettiva di allargare l’impero familiare verso il Vecchio Continente con l’apertura di nuove agenzie europee – una sorta di distorto ritorno alle origini – entrando così in rotta di collisione col cugino Herbert, fin da giovanissimo critico e rivendicativo verso la logica del mercato iperliberista senza scrupoli del cugino e del fratello Arthur. Sarà il silenziosissimo Dreidel, figlio di Henry, in un profluvio di parole (A lot of words) non pronunciate per decenni, a chiosare il pericoloso crinale sul quale la banca Lehman è ormai avviata, con un discorso memorabile che chiude l’ultimo capitolo del Libro Secondo.
Il Libro Terzo L’IMMORTALE si apre sui Ruggenti Anni Venti del Proibizionismo, della Radio, della diffusione della Musica Jazz, del volo aereo e dell’industria aeronautica: i Lehman sono ora una Corporation ovvero una Multinazionale, si occupano di Fondi Comuni d’Investimento “Investire soldi solo per fare soldi”, la politica americana generosamente non interviene sul libero mercato. “Nessun controllo sui gruppi finanziari. /Imposte sui capitali ridotte al minimo. /Tassi d’interesse pressoché a zero. /Che cos’è questa se non una pacchia”. L’arida logica calcolatrice del cugino Arthur è alle stelle : i guadagni sono altissimi, illimitati, inarrestabili … e d’improvviso ….il crack di Wall Street del 1929, il crollo del sistema bancario americano che trascina con sé l’economia dell’intera nazione con suicidi degli agenti di borsa, licenziamenti nelle fabbriche, miseria, fame, rabbia e furore popolare, disperazione generale. Un diluvio universale che travolge e stravolge le logiche del mercato, nulla sarà più come prima. Sono gli anni della Grande Depressione durante la quale diversi Lehman si troveranno su fronti diversi a proporre formule salvifiche : il cugino Irving eletto Giudice Capo della Corte di New York; ancora più schierato il cugino Herbert, datosi alla politica, eletto nel Partito Democratico Governatore dello Stato di New York. Al cugino Bobbie figlio del dorato Philip, tocca la responsabilità di far galleggiare la Banca di famiglia come una novella arca di cui lui è il nuovo Noach (Noè il Patriarca) nonostante l’ostilità della moglie Ruth e dei procugini Arthur, Arold e Allan. Nulla sarà come prima, ma “tutto cambia perché nulla cambi”: l’America che emerge dal diluvio è quella di Franklin Delano Roosevelt, l’America del New Deal: più diritti ai lavoratori, ferie e malattia pagate, divieto di licenziamento, più lavoro alle donne… più tasse sui profitti.
Per la Banca internazionale dei Lehman è giunto il tempo di dare più spazio ai membri esterni nel Consiglio dei Partners, una grande rivoluzione per l’impresa non più esclusivamente familiare che resta comunque la stessa macchina per produrre milioni:“ Vuoi il futuro sicuro ? FONDI PENSIONE LEHMAN BROTHERS/Vuoi sorridere ad ogni evenienza? COMPAGNIE D’ASSICURAZIONE LEHMAN BROTHERS /E ancora : Polizze Malattia, Copertura Famiglia…” La Previdenza Sociale privata diviene dunque il nuovo affare; per garantire l’Ottimismo strategica ci sarà l’industria cinematografica dei Sogni e della Risata; per restituire Fiducia alla lower class? Ottima la cultura pop dei Supereroi del Fumetto; per la serenità familiare piccolo borghese ecco l’industria degli elettrodomestici tra cui la televisione (col suo ipnotizzante “Saturday Game Show”); per l’immediato benessere materiale sbandierato dalla pubblicità? Pronto il consumismo prossimale della rete dei Superstores, Megastores … e tutto questo grazie a investimenti targati Lehman. Il modello ormai ha travalicato l’Oceano, dopo la Seconda Guerra Mondiale è divenuto stile di vita “Occidentale, ha assorbito l’Europa, e siccome il “Nemico Sovietico” post -bellico non è più solo alla frontiera orientale dell’Impero ma anche al suo interno, il Senatore McCarthy ha già dato inizio in patria alla caccia alle streghe. Finito il Maccartismo, perfino la paura della bomba atomica è superata negli anni Sessanta: siamo tutti uguali /uomini e donne, /bianchi e neri /perché abbiamo tutti il portafoglio, /perché abbiamo tutti un conto in banca. La linea del nuovo Marketing è vincente su tutto il pianeta “recitare/recitare sì,/fare finta che chiunque può comprare tutto/ …..dire a tutti chi compra ci guadagna/ chi vende sta perdendo/…….vinci se compri/ se compri trionfi/se compri mi batti/ se compri sei il primo…Il nostro obiettivo è un pianeta Terra/ in cui non si compri più nulla per bisogno/ ma si compri per istinto./ O se volete, per identità./ Solo allora le banche/ e con loro Lehman Brothers / diventeranno immortali”: dall’Artico all’Antartico dal Perù a Singapore sugli affari Lehman Brothers non tramonta mai il sole. Ora la parola d’ordine è “COMUNICARE People! C OMUNICARE” e investire milioni di dollari nelle Multinazionali dei Telefoni, nei milioni di cavi che avvolgono la Terra, e poi nell’incredibile invenzione fantascientifica dei Computers e della conquista dello Spazio.
L’idolatria finale del dio denaro (“Egel ha Zahav-Il Vitello d’oro”) di Lehman Brothers, giovanilistica, iper -instabile e frenetica fino al parossismo, sarà celebrata dalla Division Trading diretta dal rude immigrato ungherese, trader d’assalto, Lew Glucksman, che fa il lavoro sporco col suo pupillo Dick Fuld e la sua squadra nevrotica all’attacco: compra e vende azioni contemporaneamente, turbinosamente, in 10 Borse di tutto il mondo, bleffando spesso con i compratori sull’inaffidabilità dei titoli ma triplicando gli utili in un mese: i Partners anziani sono preoccupati da quel mercato drogato ma Bobbie Lehman è morto e nessun Lehman è più alla Direzione dell’impero. Si affidano al nuovo Presidente della Banca, lo scaltro Pete Peterson dall’ambigua origine greca/svedese, già collaboratore e negoziatore in Cina con Nixon, lui sì che conosce le buone maniere. E’ lo scontro finale: Glucksman contro Peterson, lo Squash contro il Ping-Pong (l’ennesima sensazionale metafora sortita dalla mente geniale dell’autore), la Borsa contro la Banca, vince la Borsa ma è un successo suicida che provoca il tracollo della gestione Glucksman e la vendita dell’immortale marchio. “Dove fallì il ping-pong/fece boom lo squash” è il lapidario stigma di Massini nel 27° capitolo del Terzo Libro. La cronaca ci informa che dopo ulteriori trasformazioni societarie, nel 2008 arriva il crollo disastroso della Lehman Brothers, in assoluto la più imponente bancarotta nella storia americana ovvero mondiale: a 158 anni dalla sua fondazione. A seguire il lugubre Epilogo.
L’opera ha suscitato un grandissimo interesse di pubblico nella sua versione teatrale con il titolo “Capitoli del crollo” fin dalla sua apparizione nel 2010 in Italia e in Francia poi, con il titolo “Lehman Trilogy”, messa in scena dai più importanti teatri e registi americani ed europei fino a vincere nel 2022 a New York 5 Tony Awards. E’ l’ ultima opera diretta da Luca Ronconi, già mentore di Stefano Massini che ne è stato assistente volontario dal 2001 e poi sostituto alla sua morte come consulente artistico del Piccolo Teatro di Milano. Nel 2015 è stata trasmessa dalla televisione italiana dove dal 2020 Massini interviene anche come attore, autore di vibranti e appassionate orazioni nella trasmissione “Piazza pulita” di Corrado Formigli, scrive sul quotidiano “ Repubblica”. Nel 2017 il romanzo pubblicato da Mondadori ha vinto in Italia i premi Mondello , Campiello , De Sica , Giusti e Fiesole. In Francia, l’edizione pubblicata nel 2018, ha ricevuto il Premio Medici e quello del Miglior Libro Straniero.
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Breve nota a cura di Teresa Santostasi dopo l’incontro del gruppo di lettura:
Una sfida “lodevole”, la lettura di questa storia/ballata che ha trovato la piena approvazione del gruppo di lettura. Per alcune una scoperta, Stefano Massini, questo Autore/Attore/Drammaturgo, Narratore dal vivo (interviene nei programmi “Piazza pulita” su La7, Rai3 “Ricomincio da tre”…), acclarato personaggio mediatico la cui firma è una garanzia (su la Repubblica “Parole in corso”, dallo spettacolo di Formigli “Racconti di vita”), vincitore, nel 2022, del premio Tony Awards per la migliore opera teatrale con il lavoro “Lehman Trilogy”, debuttato a Saint-Etienne nel 2013 e nel gennaio 2015, al Piccolo teatro di Milano, ultimo progetto di Luca Ronconi.
In “Qualcosa sui Lehman” Massini mescola letteratura e fumetto in una fantastica caricatura POP. Scrive in forma di ritmo di ballata, trasportandoci dentro una storia che ci riguarda e che non appartiene solo alla famiglia Lehman. Lo stile narrativo è stato definito “originale, geniale, giocoso, ritmico, a volte telegrafico”, utilizzando i linguaggi più disparati, elenchi, dialoghi, in un “meticciato” della attuale cultura ed una grafica che aiuta a leggere le oltre 800 pagine del testo. Affrontando un tema pesante (l’economia), con eleganza e leggerezza, ne abbiamo apprezzato la musicalità del testo che a volte risulta divertente (“sorridevo anche nella tragicità dell’argomento”). Si è detto che, come Carrère, Massini attinge dalla realtà la conoscenza ed il piacere del racconto. E ’la storia di una banca, dal 1844 nei 160 anni del nostro tempo, ma anche di esseri umani diversi tra loro, di fratelli ebrei ashkenaziti che dalla Baviera emigrano in America e che, a partire dal nulla, diventano il terzo colosso finanziario a livello mondiale. La sua caduta, nel 2008, provocherà una crisi finanziaria internazionale. E ’la storia di una famiglia che ha evocato l’Odissea, dove già dalle prime pagine si respira odore di poema omerico, pur mancandone la metrica; una storia che inizia sul molo di un porto americano, con un giovane immigrato ebreo tedesco che respira l’entusiasmo dello sbarco; è il seme da cui nascerà il grande albero di una saga familiare ed economica capace di cambiare il mondo. Acuto e razionale, Henry Lehman si trasferisce nel Sud degli Stati Uniti, dove apre un negozio di stoffe. Ma il cotone degli schiavi è solo il primo banco di prova per l’astuzia commerciale targata Lehman Brothers (perché nel frattempo Henry si è fatto raggiungere dai fratelli Emanuel e Mayer). Con il tempo, al cotone si sostituiscono il caffè, lo zucchero, il carbone, e soprattutto la nuova frontiera di un’industria ferroviaria tutta da finanziare; ai padri subentrano i figli ed i nipoti, in un mosaico di umanità diverse, assortite, contraddittorie. E’ stato evidenziato il “gap” generazionale tra Abramo il capostipite, i nipoti e i figli dei nipoti. La storia è un percorso antropologico della nostra società, il racconto dell’abbandono di una religione (l’ebraica integralista), per abbracciarne un’altra (il capitalismo) dove l’etica religiosa viene applicata all’etica della finanza. Massini ci fa riflettere su ciò che è la nostra vita e come siamo arrivati ad essere ciò che siamo.
Ha sorpreso, chiarendone le ragioni, la profonda conoscenza del mondo giudaico dell’Autore che bene interpreta l’animo ebraico con il suo tipico umorismo, pur essendo un gentile. Si è inoltre sottolineata la marginalità delle figure femminili nel mondo dei Lehman, quasi ad amplificare il silenzio delle donne nella Bibbia che qui restano pressochè mute! Infatti, l’albero genealogico che apre il racconto esclude del tutto la presenza delle mogli, mamme, figlie, cugine…
E’ stato evidenziato che Massini trova ispirazione dalla maschera tragica di Buster Keaton, il comico dal viso serio; veri “colpi di teatro” sono il gioco degli equivoci tra Bobbie ed i banchieri, la scena decisamente teatrale dei banchieri che portano i figli al tempio per farli circoncidere e battezzarli nel mondo dei grandi; la riunione del funerale della banca ha ricordato “Lezioni di tango” di Elsa Osorio, dove i personaggi vivi incontrano i personaggi defunti tornando tutti in scena verso una dimensione metafisica.
Massini non condanna né giudica, né emerge alcun giudizio sul capitalismo; Massini osserva, racconta di come la parabola del capitalismo non è solo responsabilità della finanza e degli speculatori; molte colpe provengono da comportamenti individuali, dove ognuno di noi corre il rischio di cadere nella stessa trappola di Pinocchio che dà i suoi soldi al gatto e alla volpe, affinchè, senza lavorare e senza sudore, la mattina dopo possa trovare il doppio dei soldi nel campo dei miracoli (vedi intervista a Massini, incontro presso il Chiostro del piccolo teatro a Milano 31.03.2014)
Si è suggerito che “Qualcosa sui Lehman” possa essere letto e discusso nelle scuole, perché rappresenta una vera lezione di economia e di vita, riuscendo a distinguere sfruttatori e sfruttati.
Il titolo del racconto suggerisce “qualcosa”, ma in realtà, c’è tutto!!
Baruch Ha Shem!
Nel corso dell’incontro sono stati ricordati:
- Pastorale Americana di Philip Roth
- Lezioni di tango di Elsa Osorio
- Oltre il giardino film di Hal Ashby (1979)
- L’Avversario di Emmanuel Carrère
- L’Odissea di Omero
- Woody Allen
- Buster Keaton
- Charlie Chaplin
- Interviste a Stefano Massini: Corrado Augias nel programma di Rai 3 “Quante storie” stagione 2016/2017, reperibile su RaiPlay 01.12.2016
- Piccolo Teatro a Milano presso il Chiostro 31.03.2014
- Piccolo Teatro Grassi a Milano dal 29.01.2015 al 15.03. 2015 con Luca Ronconi